Il fiume Ticino

© Archivio di Stato del Cantone Ticino, Fondo Gianella

Un tortuoso serpente d’acqua

Principale corso d’acqua del Cantone, al quale presta anche il nome, il fiume Ticino attraversa per 90 chilometri il territorio svizzero prima di gettarsi nel Lago Maggiore. Le sue sorgenti sono in alta val Bedretto, nei pressi del passo della Novena, a oltre 2’400 metri d’altitudine. Osservando oggi il suo percorso nel tratto di pianura, dalla confluenza con la Moesa, nei pressi di Bellinzona, sino alla foce, si nota come sia caratterizzato da un canale centrale e da golene laterali delimitate da argini insommergibili. È difficile immaginare, spiega Francesca Rosini, che soltanto a fine Ottocento il fiume serpeggiava invece tortuoso, mutando corso e devastando frequentemente la zona del Piano a causa delle alluvioni. Il Piano di Magadino, principale zona pianeggiante del Canton Ticino, risultò dunque a lungo improduttivo; fin dai primi insediamenti risalenti al periodo tardoetrusco e romano, gli abitati vennero situati ai margini della pianura, sfruttando i coni di deiezione che fornivano riparo da straripamenti e paludi. I collegamenti tra centri e villaggi da un lato all’altro del fiume erano via acqua. 

Occorreva disporre di imbarcazioni o affidarsi a un traghettatore. Il primo ponte sul fiume Ticino, il ponte della Torretta, fu edificato nel 1489 per ordine di Ludovico il Moro, ma venne spazzato via dall’alluvione passata alla storia come la “Buzza di Biasca”, il 20 maggio 1515. Per un nuovo ponte nella zona occorrerà aspettare tre secoli. 

I lavori di correzione e arginatura del fiume, iniziati nel 1888, permisero anche l’avvio dei lavori di bonifica che resero coltivabili la maggior parte dei terreni alluvionali. Oggi il Piano di Magadino è la più importante zona agricola del Cantone. Non solo si connota come “granaio del Ticino”, ma accoglie insediamenti urbani, industriali, artigianali e commerciali. Il Parco del Piano di Magadino offre inoltre uno spazio naturalistico, turistico e ricreativo.

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La conoide di deiezione

Prima dei lavori di arginatura del fiume Ticino e dell’opera di bonifica, il Piano di Magadino si presentava come zona inospitale e improduttiva, a causa di numerose zone palustri e alluvionali. Fin dall’antichità, i villaggi sorsero quindi ai margini della pianura, verso montagna, sugli accumuli formati da ruscelli e torrenti. 

Questi depositi sedimentari, detti conoidi di deiezione, si formano generalmente allo sbocco di una valle montana in pianura, quando la corrente fluviale rallenta e si espande a causa di una brusca diminuzione della pendenza topografica e di un mancato confinamento laterale. Con la loro caratteristica forma a ventaglio, essi si situano nella fascia pedemontana, raccordando montagna e pianura. 

Cadenazzo, come tutti i comuni che si affacciano sul Piano di Magadino, è ospitato dal cono di deiezione dei suoi corsi d’acqua che nel tempo, con processi di lenta erosione e accumulo sedimentario, hanno modellato il territorio determinandone sviluppo e morfologia. 

© Archivio di Stato del Cantone Ticino, Fondo Gianella

Dalla malaria alla bonifica

Il fiume Ticino sino a fine Ottocento, nell’attraversare il Piano di Magadino, aveva creato aree malsane per la presenza umana: paludi e pascoli acquitrinosi. Una condizione che vide svilupparsi la malaria. Grazie alle bonifiche e alle scoperte della scienza medica, la malaria fu debellata nell’Ottocento anche nel Canton Ticino, dove nei tempi passati, nelle zone acquitrinose vicino alla foce del grande fiume, si erano registrate epidemie anche mortali. Il primo passo per la bonifica fu, nel 1886, la costituzione del “Consorzio per la sistemazione del Fiume Ticino dal reale di Sementina al Lago Maggiore”. 

L’iniziale fase di lavori, dal 1888 al 1897, portò alla correzione del canale di scorrimento del fiume. I lavori proseguirono con l’innalzamento degli argini e la costruzione di diversi canali di dragaggio, infine si spostarono verso la confluenza della Moesa, protraendosi sino agli anni 1940-1950. Nuove opere di correzione furono poi messe in atto dopo le alluvioni del 1951 e del 1965.